Sabato ,fermo con la mia bicicletta in un punto remoto del parco delle Groane ad ascoltare gli uccellini, mi sono stupito nel riflettere su quei pensieri che avevo partorito nella mia ingenua mente infantile e che ancora adesso mi ritrovo a condividere. Nello specifico: da bambino ero piuttosto solitario e ,quando qualche adulto mi chiedeva come mai, io rispondevo che con gli altri giocavo ai giochi che decidevano loro mentre da solo potevo fare ciò che piaceva a me senza dover convincere altri nè prendere compromessi.
Poi è arrivata l’adolescenza e la “fame” di amicizie ha avuto il sopravvento: gli amici erano importanti come l’aria!
Ora invecchiando mi ritrovo a fare un’eccessiva selezione, di persone, di proposte di eventi mondani… So cosa mi piace e voglio fare solo ciò che va in quella direzione.
Se tizio è troppo così e cosà, va bene per un pò, ma quando inizia a condizionare i miei progetti, quando s’attacca troppo, quando diventa troppo, diventa di troppo!
Mia moglie è come me, anche peggio! Questo post potrei scriverlo tutto al plurale, se non fosse che pure mia moglie -complice anche la sindrome premestruale- ogni tanto la percepisco di… troppo. 😀
Ecco: mi rendo conto che sto tornando a pensarla come quando ero bambino e che la solitudine non mi da più così fastidio, perchè mi permette di non dover prendere compromessi.
Ma forse… in tutta sincerità, sto peccando di superbia. Sto snobbando le persone. Dire “meglio soli che non perfettamente accompagnati” non significa gettare alle ortiche un dono divino? Non significa rischiare di rimanere soli come 2 (con mia moglie) vecchi pazzi?
Forse tutta la spiegazione sta nel fatto che la solitudine è ricercata solo quando di amici ne abbiamo a volontà e quindi ci sentiamo “potenti”, superiori al problema. Poi ,quando non se ne hanno più, si torna a lamentarsi.