La Via degli Dei

Tra il 26 e il 31 dicembre ho fatto il cammino chiamato “la Via degli Dei”, che parte da Bologna (piazza Maggiore) e arriva a Firenze (piazza della Signoria).
Sono una schiappa e questo mi ha obbligato a dividerlo in 6 giorni, ma anche così è stato per me molto duro.

Parto subito con l’aspetto negativo (mi dicono tutti che sono un pessimista mai contento, quindi non vorrei deluderli).
Faccio abitualmente trekking in montagna e quindi ero pronto alla fatica e alla stanchezza, cose che ogni sportivo ricerca. Invece ho patito più che altro… sofferenza.
Questo non mi è piaciuto granchè. Mi aspettavo sfinimento, mi aspettavo di dover stringere i denti per andare avanti nonostante il fiatone e il cuore a 1000 e invece ho trovato tanto dolore ai piedi (e anche qualcosa ai muscoli).
Quasi tutti i comminatori che ho incontrato lamentavano vesciche e ci si scambiava cerotti, creme e antinfiammatori vari. I gruppi partivano numerosi a Bologna per poi arrivare a Firenze mancanti di qualche componente che aveva gettato la spugna lungo il percorso (soprattutto quelli che si portavano sulle spalle anche la tenda).
A causa di una contrattura muscolare ho rischiato pure io di dover abbandonare.

Adesso parliamo degli aspetti positivi:
Sono partito da solo, come fanno in molti (soprattutto i “non più giovani”) e ho conosciuto diverse persone che sono diventati compagni di cammino, o meglio “di tappa”, visto che di comune accordo abbiamo deciso di camminare da soli e ritrovarci alla sera.
E’ stata un’esperienza particolare. Io sono abituato a trekking molto più panoramici, anche più faticosi, ma stare in mezzo ai boschi per 6 giorni con tutti i propri possedimenti chiusi nello zaino e cambiare tetto ogni sera, vedere facce nuove ogni giorno, ecc, è un’esperienza molto più emozionante del classico “parti da casa -> stancati -> torna a casa”.
Una grande differenza rispetto alle mie zone abituali è che lungo la Via degli Dei i boschi sono meno frequentati e non finiscono mai: si può camminare per ore e per CHILOMETRI senza incrociare una strada e vedendo ,almeno in questo periodo, al massimo un paio di persone.
Anche le strade asfaltate sono poco frequentate.
tramontoMi sono spesso ritrovato in situazioni solitarie dalla magica atmosfera, che son proprio quelle che da sempre, fin da bambino, ho ricercato e mi hanno sempre emozionato.
Quel trovarmi (e…”ritrovarmi”) da solo, al tramonto o anche all’inizio del buio, col vento, in mezzo alla campagna, sperduto, un po’ infreddolito, un po’ malinconico e tristemente solitario quel tanto che basta per sentire quella sensazione dentro che mi fa fermare, mi fa guardare attorno, e quella vegetazione mossa dal vento, quelle luci gialle e rosse del tramonto, mi fanno dire “ma che cazzo ci faccio qui?!? Ma ti rendi conto di cosa sto facendo?!?” ma lo pronuncio col sorriso, con gli occhi lucidi e una felicità interiore che mi farebbe saltellare se non fosse per il male ai piedi…!

20191230_162315Respiro, l’aria è fredda, la annuso, mi copro bene, non vedo anima viva ormai da ore, il vento è fastidioso ma dà quell’aria “irreale” alla situazione, sono stanco ma ormai non manca molto alla fine della tappa, guardo il tramonto, mi guardo attorno, guardo ancora il tramonto, sollevo lo sguardo un po’ più in alto e… e penso “sei uno stronzo, ma ci hai dato anche delle cose magnifiche“.

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Video (da apprezzare anche l’audio) :
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Foto ingrandibili:
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Trasferta di lavoro in Brasile

1 Settimana in Brasile per lavoro, pagato dall’azienda, purtroppo in una città nell’entroterra, non turistica.
Fuori dal centro città… è meglio non avventurarsi. E anche in città ,se giro da solo, faccio “balà l’oc” (“ballare l’occhio”, come si dice a Milano).
Il lavoro va bene, la macchina installata presso il cliente non ha particolari problemi, niente per cui perdere il sonno, quindi sto vivendo praticamente una vacanza: sono con 3 colleghi, in uno dei migliori alberghi della città (dei migliori QUI, ma in Italia sarebbe da 1 stella, massimo 2), pagato per tutto: straordinari, trasferta, taxi (che rottami!), cibo, tutto!
I prezzi, per noi, sono ridicoli: una birra nel frigo-bar della stanza costa 6 real$ che sarebbero meno di 1,50 euro.
Alla sera andiamo a mangiare in posti che sono considerati di lusso (per noi sono poco più che dei pub), spendiamo ciò che per un operaio locale corrisponde a quasi mezzo stipendio, ma per noi sono meno di 30 euro a testa (e paga l’azienda).

E sono lontano dai miei guai della solita vita. Molto lontano. Sono lontano 21 ore di viaggio (3 aerei solo per l’andata).
Estate anzichè inverno, 4 ore di fuso orario, qualche chiamata a casa via whatsapp e un parecchi messaggi. Ma quel mondo e quella routine quotidiana mi sembrano così lontani. Mi sembrano lontani mesi e mesi, anni! Mi sembra di essere così da sempre.
Quando sento le questioni di casa vengo riportato bruscamente in un mondo che… boh…..  mah…..
Devo ammettere che non ne sento la mancanza.

Domani è domenica e non lavoriamo. Forse vado a farmi un giro in centro, lottando contro il caldo. Lo soffro molto ma mi vestirò leggero e andrò a fare il turista, armato di acqua e polase. Quasi spero che i miei colleghi non vengano, per potermi fare i fatti miei.
Ora sono stravaccato in camera dopo una cena a base di filetto alla griglia, sto bevendo l’ultima birretta con lo split dell’aria condizionata che lavora rumorosamente ma con buoni risultati.
Come si fa presto a dimenticarsi la solita vecchia noiosa grigia stantia vitaccia!
Come sembra lontana!
Lontanissima.
Sono qui da soli 3 giorni e già non me la ricordo più.
Ma è mai esistita?

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MiniFerie 2019

Vorrei mettere nero su bianco questa magnifica esperienza che ho fatto, ma so di non poterci riuscire.
So di non essere abbastanza bravo a scrivere, ma so soprattutto che certe cose non si possono spiegare. Nemmeno lo scrittore più bravo riuscirebbe a trasmettere sensazioni che sono generate non solo dall’evento in sé ma anche da un passato lungo una vita e dallo stato d’animo personale di chi lo sta vivendo. Almeno non se ha a disposizione un solo articolo di blog.

Non so nemmeno come cominciare. Troppe emozioni mi girano nella memoria e nemmeno 1 parola mi vien da poter battere sulla tastiera.
Quindi schematizzo. Metodo un po’ freddo, ma a cui io sono abituato anche per deformazione professionale.

Ho fatto un totale di 5-6 giorni disperso sulle montagne orobiche e tra i suoi numerosissimi laghi e laghetti, con tenda, sacco a pelo, materassino, poncho impermeabile, acqua, indumenti, numerosi altri oggetti più “leggeri” (se considerati singolarmente), per la maggior parte dei giorni a quote comprese tra i 1900 e i 2300 metri, quindi con temperature tra i 5 e i 15 gradi (figaaaataa!), alternando ciclicamente:

  • camminate impegnative (almeno per me e con quel peso sulle spalle)
  • sorprese, novità, nuove esperienze, nuovi paesaggi, nuove difficoltà, nuovi laghi, nuove persone, nuovo modo di fare escursioni e di vivere le giornate, ecc
  • gradevoli mangiate nei rifugi con “sconosciute compagnìe” (per dirla alla Vasco/Battisti)
  • fredde serate a far foto al buio e/o chiacchierando con compagnìe diventate ,ora di sera, un po’ meno sconosciute
  •  diverse notti in tenda in compagnìa di me stesso, sorvegliato dalle stelle e ,chissà, forse da dio
  • 1 notte in un bivacco a 1:30 ore dalla prima anima viva, con un MAGNIFICO temporale notturno (lampi, tuoni e una emozoinante pioggia battente sul tetto, mentre ero nel mio bel sacco a pelo)

Ho vissuto anche un nuovo modo di passare il giorno del mio compleanno e il ferragosto: un modo un pochino solitario ma ,dopo 44 volte tradizionali, direi che ci sta di sperimentare anche questa variante!
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Ho conosciuto persone di cui ,di alcune, non conosco nemmeno il nome. Con alcune ho chiacchierato del più e del meno, con altre mi sono lasciato andare a parlare anche di cose personali al termine di una lunga serata con fiumi di vino e grappa e genepy e sambuca (notare le “e”).
Tutte erano diverse da quelle che ho sempre frequentato negli ultimi decenni e la cosa mi ha… colpito, stranito… né in modo piacevole né in modo spiacevole, ma di certo non mi è passata inosservata: i discorsi, gli indumenti, il modo di vivere più sano, il divertirsi in modo meno chiassoso, ecc.

Insomma, attività fisica anche molto faticosa anziché centinaia di km di asfalto,
indumenti sportivi in tessuto sintetico anziché caschi e giubbini in cordura,
quechua e forclaz anziché dainese e giudici
discorsi di vita outdoor a piedi nella natura anziché di motori, viaggi in autostrada, mangiate, concerti rock.
Non so… non è questione di meglio o peggio del mio passato da motociclista… però… boh… non so. Di sicuro il passato mi manca e questo riesce a addolcirmi molto il cambiamento, la trasformazione, la trasizione tra le diverse fasi della vita.
Di certo si può chiamare resilienza. Ahhh la famosa resilienza…!
Però non so se potrà mai essere una passione così……..come dire…”totalizzante”.
Ma forse nella vita non c’è niente di davvero totalizzante: si passano gli anni come meglio si riesce, senza mai poter dire “ooooh, finalmente adesso ho trovato un punto fermo, adesso so cosa sono e come andrà la mia vita da adesso in poi“. Mai.
Mai.
E ancora mai.
Nemmeno quando si crede ,si è sicuri, di poterlo dire.

Bivaccata solitaria (parte 3 di 3)

Yeee..! Eccoci alla fine!
Puntate precedenti:

Bivaccata solitaria (parte 1 di 3)

Bivaccata solitaria (parte 2 di 3)

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Nonostante mi sia sembrato di non aver dormito nemmeno 1 minuto, il giorno dopo ero stranamente fresco e in forma.
Dopo colazione ho fatto un giro sui Pizzi di Parlasco, una cresta molto panoramica ma con punti del percorso molto esposti e senza alcuna catena per attaccarsi.

Al di là della cresta c’è la Valsassina (a quell’ora ancora piena di umidità) da dove per anni ,da ragazzo, ho guardato la sagoma di quella montagna su cui mi trovavo in quel momento, quindi la voglia di proseguire e “fare mia” quella cresta era smisurata.
Tuttavia un punto troppo esposto mi ha fatto desistere. Più volte avevo cambiato idea: “preferisco non rompermi la testa” / “ma dai… vado anche in moto e mi cago sotto per un po’ di pericolo?”.
Ma il vento era forte e mi sbilanciava, soprattutto a causa dello zaino, quindi alla fine ho preferito evitare che accadessero disgrazie.
Leggendo le notizie dei numerosissimi incidenti in montagna accaduti questa estate, penso di aver fatto bene (quest’estate in particolare è stato un bollettino di guerra!).

Qualche foto , poi concludo con dei pensieri che mi si sono sviluppati nella zucca:

 

Ecco, per chiudere posso trarre queste conclusioni:

1- il romanticismo, la magia di queste situazioni solitarie e avventurose non è esattamente come la si legge sui blog degli altri. Sui blog ci sono foto magnifiche, mentre in realtà si è al buio pesto in mezzo al bosco. Ad ammazzare ragni.
Soprattutto devo dire di aver avvertito la solitudine che bussava ma ,essendo stata per me una situazione temporanea (un’occasione addirittura quasi “rubata”), non è riuscita a entrare e darmi fastidio. MA SOLO PERCHE’ ERA UNA SOLITUDINE RICERCATA!!!

2- sarebbe un punto 1-bis: mi immaginavo assorto nei miei pensieri, a crogiolarmi nella malinconia (del passato) e nell’ansia (del futuro) fissando la fiamma della candela, tra un sorso di bonarda e un sospiro da sognatore (seppur fallito); ma ho capito che questo stato emotivo si ha solamente quando qualcosa nella vita va male. Quando si sta male.
Quando invece si sta bene, quello stato non si raggiunge, purtroppo o per fortuna: i pensieri vagano poco e non si avverte la necessità di “filosofici” sospiri.
L’unico pensiero “illuminante” che è arrivato fra capo e collo mentre fissavo il muro illuminato dalla candela è stato: “vuoi vedere che magari anche la felicità per un nuovo lavoro si rivelerà una illusione??!? E ,quando otterrò il lavoro che cerco, scoprirò che lo volevo solamente perchè l’erba del vicino è sempre più verde?!?”.
Poi ho ripensato ai motivi obiettivi e molto concreti che mi stanno spingendo a cercare un altro posto e… mi sono tranquillizzato.

3- Ho capito completamente, anche se già ne avevo un’idea, di non essere particolarmente portato per le selvaggiate in versione solitaria, perchè non riesco mai ad addormentarmi: quando sono con amici dormo come un bambino, ma da solo passo una notte di merda. Il PRO della libertà totale viene sovrastato dal CONTRO di quella dannata ansia e di una lunga notte di merda.
L’idele sarebbe avere qualche amico con cui condividere questo genere di avventure, ma purtroppo non ne ho (e non se ne trovano facilmente come invece se ne trovano per altri hobbies) e quindi… niente: non è copa di nessuno, non è colpa del mio esser “ingabbiato”. E’ colpa della sfortuna. La vita va anche così.
Poi c’è anche da dire che ,se queste cose le facessi troppo spesso, non ci troverei più niente di così speciale.
Invece ora ,soprattutto adesso che è passata e non mi trovo più lì a schiacciare ragni, ne ho un magnifico ricordo!

In cuor mio ringrazio quel baitello, chi ha costruito, la natura tutta e il mio destino/dio che mi ha concesso questo privilegio.

 

Bivaccata solitaria (parte 2 di 3)

Puntata precedente: https://sognatorefallito.wordpress.com/2017/08/30/bivaccata-solitaria-parte-1-di-3/

Ho inziato a scrivere sul diario del bivacco che, peccato, alla fine mi son dimenticato di fotografare: è venuto un bello scritto e credo che farà sorridere (e anche un po’ sognare) gli escursionisti futuri che lo leggeranno.
Nel frattempo le nuvole si erano aperte e i raggi del sole filtravano illuminando di un piacevole giallo tutti gli alberi attorno. Molto bello, soprattutto dopo tanta pioggia.
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20170811_211014.jpgL’ansia dannata non mi mollava e pensavo “…e ancora nemmeno c’è buio!!!!”.
Invece quando il buio è arrivato mi sono rilassato, forse perchè sapevo che col buio (e il brutto tempo) non sarebbe passato di lì nessuno. In un certo senso ,nel buio, mi sentivo protetto.
Avevo visto delle pecore sul sentiero e temevo l’arrivo di un qualche pastore solitario e scorbutico. E puzzolente. Un orco insomma.
Invece ormai era buio pesto. Era fatta. Potevo star tranquillo!

 

Sono quindi uscito a fare foto al paesaggio notturno con vista sul lago di Como, con le luci dei paesi che iniziavano a specchiarsi nelle sue acque.
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Queste sono state le ore più belle del weekend. Una sensazione magnifica, io, lo sgabello che faceva da cavalletto fotografico e anche da tavolino “reggi-vizi” (vino e sigari), il buio pesto che mi proteggeva e il silenzio. Che silenzio.
Durante i tempi delle lunghe esposizioni fotografiche sorseggiavo bonarda e tiravo dal sigaro, aspettando di sentire i lievi click dei meccanismi della fotocamera. Senza fretta, senza qualcuno che mi aspettava, con tempo infinito a disposizione.
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Il cavalletto “reggi-vizi” (la bottiglia di plastica è la borraccia più leggera che esista)

 

 

Arrivato il momento di andare a nanna, ho scoperto che i ragni (tutti?) sono animali notturni: mentre con la luce del sole sembrava tutto così pulito, con l’arrivo del buio erano apparsi 2 ragni GIGANTESCHI e altri 3 con zampe corte ma più ciccioni, che forse facevano anche più schifo dei primi 2.
Lo ammetto: sarò andato contro il bon ton della vita nella natura, ma ho fatto strage! Non avrei mai dormito con quei ragni così grossi a spasso.
Devo dire che è il ricordo più spiacevole di quel weekend.
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Con e senza flash

Ma non era finita lì: materassino bucato! 😥
Col culo a terra, il pavimento era troppo freddo e ,temendo un forte mal di schiena, ho preferito spostarmi sul tavolone, più caldo ma egualmente duro.
Notte di merda: una scomodità pazzesca e completamente insonne (ma quest’ultima cosa l’avevo già messa in conto, indipendentemente dal materassino).
Ogni volta che stavo per addormentarmi, un qualunque rumore mi faceva sobbalzare.
Verso l’alba un qualche animale ha iniziato a fare avanti e indietro sul tetto in lamiera.

 

Fine seconda parte e fine della prima giornata, nottataccia compresa.
La prossima puntata sarà un’alba fresca e una giornata piena di luce gioiosa!

Bivaccata solitaria (parte 1 di 3)

Divido in 3 pezzi sia per non annoiare il lettore, sia per dare a me il tempo di sistemare testi e foto.

Venerdi 11/08/17, altro sogno trasformato in ricordo: una bivaccata completamente in solitaria (senza la mia compàgna e senza nemmeno avventurosi casuali con cui condividere la serata).
Inizialmente mi ero fissato col bivacco Emanuela ma ,vedendo che in estate quella montagna è più affollata della piazza del Duomo di Milano, all’ultimo ho preferito il baitello del Casis, poco conosciuto e in una zona poco frequentata.
C’avevo già fatto un salto in giornata, mesi fa:
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2359Me la pregustavo da tanto tempo, era una sorta di masturbazione mentale: sognavo ad occhi aperti di contemplare la notte/stelle/panorama, avvolto in atmosfere magiche e assorto in profonde meditazioni, nella ricerca di una risposta ai miei pensieri e ai miei dubbi (tra l’altro mi vien da dire: “…ma quali?”).

Partenza venerdi pomeriggio, con permesso per uscire prima dal lavoro e auto già caricata di tutto l’occorrente preparato nei giorni precedenti.
In tutto il torrido luglio e inizio agosto, ha piovuto (e tanto) 1 solo giorno. Indovinate quale?!
Ma fa niente: le previsioni dicevano che nel tardo pomeriggio avrebbe smesso. Peccato solo che le rimanenti nuvole mi avrebbero impedito di guardare le stelle cadenti.

Invece niente: ho fatto l’ascensione sotto il diluvio universale e ,ogni volta che pensavo “adesso smette”, ecco che rombava un tuono (Davvero! Non sto scherzando).
Sotto il mio poncho, riparato dalla pioggia ma fradicio di sudore, scorreva tanta acqua da poter ricavare energia elettrica e io avanzavo col mio pesante zaino, col cappuccio del poncho che mi andava davanti agli occhi e e gli occhiali che si appannavano/bagnavano.
In più momenti m’è preso lo sconforto e ho anche pensato che forse era un segno che qualche dio mi stava mandando: “questa bivaccata non s’ha da fare”. Ma con l’aiuto del mio solito “trucchetto” di pensare alle persone più sfortunate (disabili vari, affetti da malattie invalidanti, ecc) sono riuscito a non gettare la spugna.
E intanto la pioggia non mollava, non mollava e non mollava, MAI. Nemmeno per un attimo, per fermarsi a sistemarsi, per prendere l’acqua dallo zaino: niente, anzi altri tuoni.

Arrivato al bivacco il rumore sul tetto in lamiera era forte e abbastanza piacevole, ma ha smesso di piovere nel giro di pochi minuti (se non bestemmio….!!).
Lì, dopo essermi cambiato e ambientato, mentre la sera si avvicinava, ho iniziato ad avvertire quella maledettissima ansia che mi prende sempre tutte quelle volte (rare ma intense) che faccio delle cose del genere da solo.
Chiamarla paura non è del tutto corretto, perchè era causata da un pericolo inesistente e nemmeno ben definito! Questa è una strana sensazione piuttosto brutta che mi fa incazzare tantissimo perchè va contro il mio volere, contro il mio cervello razionale.
Ma già me l’aspettavo perchè l’avevo già provata in altre occasioni simili. Quella che m’ha stupito invece è stata la sensazione di….noia.
Già: ero solo come un cane e non avevo niente da fare. Niente.
Fuori piovigginava ancora e io ero bloccato in “casa” come in un qualunque noioso weekend di pioggia.
Mi son sentito un vero coglione.

Fino a qui una merda di racconto. Ma abbiate fede: la prossima puntata sarà migliore!

1 Maggio

Di nuovo l’emozionante odore di resina e legna che arde.
Pallosità della vita, delusioni, ansie, incertezze, sfortune, ecc, per un paio di giorni bruciano in quel fuoco che ipnotizza noi esattamente come i nostri antenati privi di tv.
La compagnìa di un gruppo di amici impedisce ,purtroppo o per fortuna, che la cosa prenda una piega troppo malinconica.

La moto in inverno

Viaggio in moto al fresco, passeggera che rogna, nebbia, campagna, vin brulè, fuochi, odore di fieno e di fumo di legna, amici più o meno conosciuti, discorsi di moto, fagioli a volontà e carne alla griglia, momenti di chiasso alimentato dal vino e momenti di pausa seduto su un ciocco di legno vicino al fuoco a guardare la luce della luna velata dalla nebbia,
buonanotte buonanotte, aggiunta di legna nella stufa, sacco a pelo in ambiente molto spartano,
buongiorno, “Freddo?” “No!”, caffè, pranzo con gli avanzi e bevendo solo acqua o
cocacola, via le ultime scaglie di ghiaccio dalla moto, ciao ciao ciao, quando la prossima? , speriamo che la batteria…., wow è partita!, viaggio di ritorno, alberi bianchi per la brina, sguardo attento sull’asfalto, nessun’altra moto in autostrada, bambini che salutano da un’auto, doccia bollente, occhi stanchi ma sorridenti, piedi sul divano al calduccio.

Peccato che come fotografo faccia così schifo:

Pizzi di Parlasco

2 Domeniche fa sono andato ,da solo, a fare un’escursione in montagna ed è una cosa che mi capita (da solo) veramente di mooolto di rado. E me la sono goduta alla grande.
Visto il freddo e la possibilità di pioggia, ho scelto un baitello come mèta per il picnic.

Ho messo quel pizzico di avventura e di conquista in più, che il sesso femminile tipicamente fatica a comprendere.
Idem per quanto riguarda le pause di meditazione e fotografia (col telefonino, sigh!) , la faticosa (e un po’ pericolosa) salita fino in cresta o a una piccola vetta  solo per dire “ci sono arrivato”,  i cambi di rotta uscendo dal sentiero semplicemente per “vedere cosa c’è là”, ecc.
La mia compagna invece resta più… “sui binari”.

Però quando scattavo una foto con le dita congelate, avevo lei a cui mandarla via whatsapp.
Quando sono tornato a casa stanco e puzzolente c’era anche lei in quelle 4 mura e con lei ho mangiato un caldo piatto di pasta.
Quando mi sono infilato sotto al piumone, c’era quel bel corpo caldo, vivo, una compagna, un contatto… e ho già progettato di tornare in quel posto con lei.
La libertà è magnifica quando la ottieni con gran fatica; la solitudine è bella solo quando sai che a casa hai qualcuno che ti aspetta.