Emozioni di un Sognatore Fallito (e pessimista)

Persone molto vicine a me  mi hanno detto che della Via degli Dei ho raccontato solo le cose negative, senza parlare di quanto mi sia piaciuta e di come mi sia emozionato.
Ho quindi fatto un’autoanalisi (adesso mi faccio anche la parcella da solo) e mi sono sforzato di scrivere questo “diario della gratitudine” specifico di quei 6 giorni.

Momenti in cui mi sono emozionato, in ordine semplicemente cronologico:

– Quando ,dopo anni senza prendere i mezzi pubblici, ho preso l’autobus per andare in centro a Bologna: mi sono sentito “capace, abile” e “giramondo” esattamente come quando ,più di 25 anni fa, per la prima volta, fresco di patente riuscii a fare un tragitto in auto anziché prendere sempre i mezzi.

– Sulla salita al santuario di San Luca mi sorpassavano tutte le ciccine con le chiappe in mostra nei loro leggins da runner mentre io arrancavo con lo zaino da 30 litri sulle spalle e tentavo (inutilmente) di accelerare solo per star dietro a quei culetti e quei tanga che si intravedevano. In realtà questa parte è stata solo arrapamento, mentre l’emozione c’è stata quando ,arrivati al santuario, le ciccine dalle chiappe sode e il visino tutto sudato (mmmmmm!!!!) erano stravaccate per riposarsi prima di tornare giù e andare a casa, mentre io col mio passo lento avevo davanti ancora 110km e 5 giorni di avventura.

– Quando ,partito tardi da Bologna, sono arrivato alla fine della prima tappa ormai col buio pesto e al B&B (completamente in mezzo ai boschi) mancava ancora 1 km di sentiero (mano male che avevo portato la lampada frontale).

– Quando ,prima di addormentarmi, nel locale saccopelisti condiviso con altri 2 viandanti solitari, col materasso sul pavimento, mi sono guardato attorno, nel buio, poi ho guardato fuori dalla finestra e c’erano le stelle. E ho pensato “cazzo, lo sto facendo davvero! Sono qui davvero!“.

– A Madonna dei Fornelli, quando con pochi soldi ho preso la camera singola con bagno e tv. Dopo una doccia, stanco morto, mi sono buttato sul letto col telecomando in mano e mi sono sentito come un vincitore del superenalotto in un albergo a 5 stelle.

– Quando sono arrivato ,ormai al tramonto, al cimitero germanico al passo della Futa e l’ho visitato in silenzio. C’erano altre tre persone che gironzolavano, ma anche loro in totale silenzio.

– Quando ,ormai vicino al campeggio a Monte di Fò, ho ascoltato e canticchiato sul cellulare “My Immortal” degli Evanescence e ,in quel nel momento in cui la musica da lenta e trattenuta passa improvvisamente a più “liberatoria”, ho allargato le braccia.

– Quando al bar del campeggio (molto accogliente), mi sono riunito agli amici di cammino, tutti sporchi di fango e sfiniti, e ci siamo sparati una bella birrozza. Anzi due.

– Quando ,dopo la cena al bar/ristorante del campeggio, mi sono incamminato per tornare al mio alloggio. Faceva freddo, avevo le gambe doloranti, ho mandato un pensiero a quei ragazzi che dormivano in tenda (la mattina dopo c’era il ghiaccio), ho alzato gli occhi e c’era una stellata magnifica. Avrei voluto rimanere lì, ma il richiamo del calduccio ha vinto.

– Quando dal sentiero ho riconosciuto in lontananza il lago di Bilancino. Tanto volte c’ero stato in moto, ma questa volta ci stavo arrivando a piedi. Cazzo, CON LE MIE GAMBE ci sto arrivando, nel Mugello!
E’ partita la canzone “the show must go on”!!!

– Lungo la strada verso San Piero a Sieve, mentre le luci del tramonto illuminavano di luce calda le verdi colline del Mugello e il vento freddo muoveva i cipressi. Io mi sono messo “in assetto da freddo” e ,racchiuso tra il bavero alto e il cappello, mi sono acceso e gustato un bel toscanello. Sigaro in bocca, mani in tasca, e via, on the road.

– Quando entrando a San Piero a Sieve, di domenica, ho visto una farmacia aperta. Chi ha provato a camminare per 90km può capire.

– Quelle tagliatelle al tartufo nero erano proprio buone…

– Quando mancava poco a Vetta le Croci e il vento freddo (che iniziava puntuale ogni sera) e le “solite” luci del tramonto mi sembravano entrambi più MAGICI e irreali. Ero in mezzo alle colline, senza un’anima viva nel raggio di km… e sapevo che quel momento sarebbe stato irripetibile. Una foto sarebbe stata inutile, quindi ho tentato di imprimerlo nella mente il più possibile.

– Quando a cena ho fatto una chiacchierata molto interessante con una coppia conosciuta sul cammino. E’ stata davvero una chiacchierata intelligente e mi sono sentito arricchito e fortunato per aver potuto conoscere quelle persone. Peccato che abitiamo lontani. Non ci rivedremo mai più.

– Quando a Firenze ho ascoltato un violinista che suonava in una piazza di secondaria importanza (quindi non affollata). Il suono del violino si espandeva in quella piazza stranamente vuota e colorata dalle luci del tramonto.

– Quando ,tornato a Bologna in treno, con sorpresa mi sono trovato in tasca una foglia di alloro presa ,come porta fortuna, da una pianta nel bosco fiorentino. Buttarla nel cestino sarebbe stato brutto. Ho preferito lasciarla cadere in un’aiuola.

– Mentre guidavo in autostrada per tornare a casa, sapendo che avrei passato la serata (era il 31 dicembre) in modo tranquillo con un paio di amici storici: non solo con amicizie di cammino, conosciute e già perse. Nel buio, il ponte sull’autostrada all’altezza di Reggio Emilia, con la sua campata illuminata, è proprio bello.

Pensieri ad alta quota (ritorno dalla trasferta)

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Scritto sull’aereo durante il viaggio di ritorno.

Albergo, frigobar, lavoro interessante, uscite per Montes Claros, cene fighe pagate, camera con visita sulla spensieratezza, adesso aereo con film, cuffiette, con pasta portoghese con carne e 2 bicchieri di vino molto buono, cazzi miei e esperienze nuove…

Nel cesso dell’aereo, sorridendo allo specchio (quel vino era fortino), di nuovo mi sono emozionato per la bellezza della mia vita.
Possibile?
Io che ho una vita di merda, io che sono vittima (indiretta) di una disgrazia pesantissima?
Come posso aver trovato, ancora, quella sensazione di esagerato benessere che fa emozionare?
Soprattutto considerando che la volta precedente è stata solo 3 mesi fa….!
Queste felicità che fanno scendere le lacrime ,prima, mi capitavano 1 volta ogni 3-4 anni se andava bene.
Cosa sta succedendo?
Non è possibile che io sia felice!

In parte devo anche ammettere a me stesso che adesso mi lancio molto di più nelle situazioni e nelle nuove esperienze, mentre prima ero più trattenuto. Provavo come un senso di obbligo di “compostezza”, di “contenimento”. Una sorta di timidezza nei confronti delle potenziali nuove esperienze.
Ora invece ogni occasione la vedo come una possibilità di godimento della vita. E allora perché no?
Perché no tante cose: non solo una importante trasferta, ma anche esperienze piccole come ,per esempio, l’assaggio di un piatto inusuale o una qualunque piccola scelta che sia fuori dalla routine.
Prima avevo tutto e lo vivevo in punta di piedi, ora ho “poco” ma lo abbraccio, lo limono, ci faccio l’amore senza freni.
Forse davvero ogni cosa, anche la peggiore, ha un qualche lato positivo.

Aggiornamento di domenica 1/12/19 : sono rientrato da 3 giorni e già ne ho le balle piene. Le avevo a 3/4 già dopo 1 giorno.
Rileggo ciò che ho scritto e in questo momento non ne sono più tanto convinto.
Sono di nuovo nella mia deprimente vita di merda.
Ma forse questa alternanza di stati d’animo è normale e anche ,in fondo, benefica. Altrimenti darei per scontati quei momenti di felicità.

Nostalgia nostalgia canaglia

Sarà la pioggia, sarà che ho poco da fare e ho trovato ,su un mio harddisk esterno, dei progetti di weekends che in passato preparavo o ,più probabilmente, sognavo di tenere in caldo per il futuro. Mi chiedo quanto tempo sto perdendo…….
Mi chiedo se magari ,anche se facessi tutto, potrei scoprire che non mi danno quella soddisfazione così intensa che immaginavo.
In fondo molte di queste… “idee per il weekend” sono una speranza di replicare ciò che avevo fatto in passato e che mi era piaciuto, ma sappiamo tutti che la seconda volta non si ottengono le stesse emozioni percepite nella prima.
Anche perché nella prima ero con amici. Poi il tempo è passato, la gente è cambiata, la vita è cambiata.
Tutto scorre. Panta Rei.

Ho una voglia matta di autunno con camino, di andare in un rifugio di montagna dove c’è la stufa in ghisa, inebriarmi di colori dell’autunno, mangiare un minestrone fumante su un tavolone di legno spesso e grezzo mentre guardo l’autunno attraverso la finestra con le tendine a quadretti.
E mi manca tantissimo la roulotte, coi miei genitori.
Mi manca la pioggia vista dalla finestra di plastica della roulotte,
mi mancano le castagne fatte sul fuoco in campeggio,
mi manca il fumare di nascosto,
mi mancano le ragazzine carine che mi davano quasi sempre picche e l’eccitazione infinita nel baciarle (che ormai nemmeno il sesso più sfrenato riuscirebbe più a dare),
mi manca la panchina del parcheggio salendo in paese,
mi mancano le confidenze con qualche amico in crisi adolescenziale catalizzate da alcool e delusioni amorose,
mi manca il salire in auto coi genitori che mi portano loro in campeggio coi loro borsoni pieni per la cena del sabato e il pranzo della domenica,
ahhh le mangiate in campeggio…! Lo scambio di assaggi con le altre famiglie di campeggiatori, le pietanze delle altre mamme coi loro sapori diversi da quelli della cucina di mia madre, il vino del padre del fidanzatino di mia sorella, il freddo che entrava ogni volta che si apriva la porta del gabbiotto in legno mentre nell’aria regnava l’odore del taleggio di mio padre o del caffè con la grappa alla ruta,
mi manca il freddo di cui nessuno si lamentava in quanto del tutto normale,
mi manca l’andare a prendere l’acqua alla fontanella…

Queste cose mi mancano più della mia vita da motociclista.

Non ho alcuna foto di quei momenti, di quel periodo tra gli anni 80 e 90. E comunque non riuscirebbero a trasmettere ciò che sto provando.

Piove ancora.
Sono le 12:30. Andiamo in mensa, và…

Viaggiare è anche una terapia (?)

Questa storia del viaggio terapeutico ,secondo la mia esperienza, è un’illusione: prima di partire si è convinti (chissà poi perché?) che quell’esperienza ci cambierà, ci farà capire, ci darà una svolta e torneremo cambiati, più saggi, più svegli, più “smart”.

Poi si torna e…….. abbiamo certamente passato delle belle giornate, ma la vita di sempre è lì che ci aspetta esattamente come prima e non siamo affatto più saggi, non abbiamo avuto l’illuminazione, Dio non si è rivelato e non ci ha dato alcuna risposta.
Siamo esattamente come prima, anche se… almeno… …ci siamo divertiti.
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Altre volte si pensa anche che finalmente ci toglieremo quella soddisfazione, quello sfizio, dopodiché saremo pronti a immolare la nostra vita per sposarci, allevare figli, o per altre cause giuste ma un po’ noiosine. Come fosse una sorta di addio al celibato.
E invece….……. 1 grande abbuffata non può toglierci l’appetito per sempre. Anzi ripenseremo a quanto erano buone quelle succulente pietanze.
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Bivaccata solitaria (parte 1 di 3)

Divido in 3 pezzi sia per non annoiare il lettore, sia per dare a me il tempo di sistemare testi e foto.

Venerdi 11/08/17, altro sogno trasformato in ricordo: una bivaccata completamente in solitaria (senza la mia compàgna e senza nemmeno avventurosi casuali con cui condividere la serata).
Inizialmente mi ero fissato col bivacco Emanuela ma ,vedendo che in estate quella montagna è più affollata della piazza del Duomo di Milano, all’ultimo ho preferito il baitello del Casis, poco conosciuto e in una zona poco frequentata.
C’avevo già fatto un salto in giornata, mesi fa:
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2359Me la pregustavo da tanto tempo, era una sorta di masturbazione mentale: sognavo ad occhi aperti di contemplare la notte/stelle/panorama, avvolto in atmosfere magiche e assorto in profonde meditazioni, nella ricerca di una risposta ai miei pensieri e ai miei dubbi (tra l’altro mi vien da dire: “…ma quali?”).

Partenza venerdi pomeriggio, con permesso per uscire prima dal lavoro e auto già caricata di tutto l’occorrente preparato nei giorni precedenti.
In tutto il torrido luglio e inizio agosto, ha piovuto (e tanto) 1 solo giorno. Indovinate quale?!
Ma fa niente: le previsioni dicevano che nel tardo pomeriggio avrebbe smesso. Peccato solo che le rimanenti nuvole mi avrebbero impedito di guardare le stelle cadenti.

Invece niente: ho fatto l’ascensione sotto il diluvio universale e ,ogni volta che pensavo “adesso smette”, ecco che rombava un tuono (Davvero! Non sto scherzando).
Sotto il mio poncho, riparato dalla pioggia ma fradicio di sudore, scorreva tanta acqua da poter ricavare energia elettrica e io avanzavo col mio pesante zaino, col cappuccio del poncho che mi andava davanti agli occhi e e gli occhiali che si appannavano/bagnavano.
In più momenti m’è preso lo sconforto e ho anche pensato che forse era un segno che qualche dio mi stava mandando: “questa bivaccata non s’ha da fare”. Ma con l’aiuto del mio solito “trucchetto” di pensare alle persone più sfortunate (disabili vari, affetti da malattie invalidanti, ecc) sono riuscito a non gettare la spugna.
E intanto la pioggia non mollava, non mollava e non mollava, MAI. Nemmeno per un attimo, per fermarsi a sistemarsi, per prendere l’acqua dallo zaino: niente, anzi altri tuoni.

Arrivato al bivacco il rumore sul tetto in lamiera era forte e abbastanza piacevole, ma ha smesso di piovere nel giro di pochi minuti (se non bestemmio….!!).
Lì, dopo essermi cambiato e ambientato, mentre la sera si avvicinava, ho iniziato ad avvertire quella maledettissima ansia che mi prende sempre tutte quelle volte (rare ma intense) che faccio delle cose del genere da solo.
Chiamarla paura non è del tutto corretto, perchè era causata da un pericolo inesistente e nemmeno ben definito! Questa è una strana sensazione piuttosto brutta che mi fa incazzare tantissimo perchè va contro il mio volere, contro il mio cervello razionale.
Ma già me l’aspettavo perchè l’avevo già provata in altre occasioni simili. Quella che m’ha stupito invece è stata la sensazione di….noia.
Già: ero solo come un cane e non avevo niente da fare. Niente.
Fuori piovigginava ancora e io ero bloccato in “casa” come in un qualunque noioso weekend di pioggia.
Mi son sentito un vero coglione.

Fino a qui una merda di racconto. Ma abbiate fede: la prossima puntata sarà migliore!

Luogo preferito?

Ispirato da:
https://viaggioconlafotografiailariafenato.com/2016/04/13/il-luogo-preferito-a-voi-la-parola/

Molti dei miei posti preferiti non esistono più, perchè il bello non consisteva nel luogo in sè bensì nella circostanza. Circostanza fatta di amici, spensieratezza, momenti di vita particolari…
Poi le cose cambiano, la gente cambia, gli amici si perdono nelle strade della vita, noi siamo sempre meno spensierati…

Se proprio devo indicare un luogo fisico, mmmm… beh… son molti e nessuno. Butto lì: la Valsassina, perchè la frequento fin dall’infanzia e ai miei occhi è più affascinante delle delle Dolomiti, dell’Himalaya!20151129_12200
In particolare quando riesco ad andarci da solo, perchè così riesco a…perdere tempo, a imbambolarmi guardandomi attorno inutilmente, per perdermi nei ricordi, inebriarmi dell’odore dell’erba, annoiarmi tra le montagne, annoiarmi guardando le nuvole che assumuno tantissime forme, fare una faticosa camminata per arrivare là su quel pizzo dalla forma particolare che da bambino ho spesso osservato immaginando di poter volare per arrivarci, fare fantasie su future magnifiche escursioni (sì: una altra escursione, ma quella sarebbe più bella), fantasticare sull’idea di passare una notte sotto le stelle su qualche cucuzzolo isolato (sì: un’altra volta… ma quella sarebbe più affascinante).DSC_0031Funziona anche a distanza. Anche in questo momento la penso e immagino di andarci a fare qualche magnifica giornata e ,come ogni volta, mi convinco (chissà perchè) che al ritorno mi sentirei diverso, rigenerato, nuovo, anche più saggio.
E invece… son sempre il solito.

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La moto in inverno

Viaggio in moto al fresco, passeggera che rogna, nebbia, campagna, vin brulè, fuochi, odore di fieno e di fumo di legna, amici più o meno conosciuti, discorsi di moto, fagioli a volontà e carne alla griglia, momenti di chiasso alimentato dal vino e momenti di pausa seduto su un ciocco di legno vicino al fuoco a guardare la luce della luna velata dalla nebbia,
buonanotte buonanotte, aggiunta di legna nella stufa, sacco a pelo in ambiente molto spartano,
buongiorno, “Freddo?” “No!”, caffè, pranzo con gli avanzi e bevendo solo acqua o
cocacola, via le ultime scaglie di ghiaccio dalla moto, ciao ciao ciao, quando la prossima? , speriamo che la batteria…., wow è partita!, viaggio di ritorno, alberi bianchi per la brina, sguardo attento sull’asfalto, nessun’altra moto in autostrada, bambini che salutano da un’auto, doccia bollente, occhi stanchi ma sorridenti, piedi sul divano al calduccio.

Peccato che come fotografo faccia così schifo:

Una motoselvaggiata come si deve

Anche questa è andata e ormai (sigh) passata.
Più selvaggia di come me l’aspettavo, ma comunque con molte donne presenti (qualcuna anche dall’aria un po’….”cittadina”).
Qualcuno ha dormito in un b&b distante qualche km, ma molti sono rimasti in tenda.

Gli alcolici hanno dato il ritmo alla serata.
Al calar del buio sono iniziati i canti di gruppo e… avrei anche dei video, ma… quasi mi vergogno 😀 Insomma, diciamo che l’October Fest al confronto è una S.Messa domenicale.

Le mie vacanze estive

Foto più rappresentative (per me):

Ricordo di un viaggio

Non sono un gran viaggiatore nel senso usuale del termine: detesto il viaggio fatto di trolley, aeroporti, programmazioni, biglietti, orari e vita preconfezionata in un qualche paese lontano.
I miei viaggi sono dei weekends ,qualche volta di 3 gg, in moto e tenda. Quelli più lunghi sono durante le vacanze estive, ma sempre con la stessa formula.
Nel lontano (sigh) 1999 avevo 24 anni, ero single e contemporaneamente abbastanza adulto da essere svincolato dai genitori, quindi libero come il vento, io e nessun’altro a cui rendere conto, io e me stesso con cui fare le scelte circa le mie avventure.
Amici tanti, ma sapevano che dovevano rispettare la mia libertà. Con loro avevo sempre messo le cose bene in chiaro.
(Purtroppo ai tempi non mi interessava fare foto, quindi quelle che metterò qui sono raccattate da internet, giusto per rendere meno noioso l’articolo).

Con amici motociclisti avevamo scelto come destinazione per le ferie la Sicilia ma io ,per mia scelta e senza un preciso motivo, partì in una data diversa da quella scelta da loro.
Ricordo che la prima mattina di ferie avevo già la moto carica ma decisi di non partire perchè… quel giorno non mi andava… avevo ancora addosso l’ansia da lavoro…. e i miei genitori: “Ma non parti? Ma quando parti?“…. Io: “non lo so…boh…quando mi và“.
Questa illogica attesa durò 2 giorni, poi una mattina mi dissi: “oggi ho voglia di andare“, aprii la finestra…e c’era brutto tempo. Pazienza, “vado!“. Mio padre: “ti te se minga a post“.

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La mia moto di allora: una cromatissima Virago 750 (foto presa da internet, ma è identica)

In tangenziale di Milano già il primo acquazzone-diluvio, poi in poco tempo arrivai alla mia prima tappa: l’Argentario. Lì cercai un campeggio e alla sera approcciai i miei vicini di tenda con una tecnica insegnatami da un mio amico molto estroverso (mentre io a quei tempi ero più timido) : dopo tutto il giorno durante il quale furono incuriositi dalla moto e dalla mia solitudine, con un po’ di birre mi avvicinai e dissi “ragazzi, disturbo se mi siedo con voi a bere una birra in compagnìa? Ne volete una? Ne ho qualcuna…“. Mi sembrò che non aspettassero altro: si mossero con una rapidità incredibile per recuperare uno sgabellino per me.
Tutta la sera fui incredibilmente al centro dell’attenzione e furono loro a farmi continuamente parlare di moto, viaggi, ecc. Fu ,per me, quasi imbarazzante.
Il giorno dopo andai in spiaggia con loro e alla sera facemmo una bella spaghettata davanti alle tende, con pentolame e fornelli da campeggio.
Alla mattina dopo, di buon ora, ripartii con destinazione Palinuro come seconda tappa.
Senza orologio e senza sveglia, solo un telefonino che a quei tempi non includeva l’orologio, mi addormentai con in testa l’idea di dovermi svegliare presto e presto mi svegliai.

Più andavo a sud, più non riuscivo a stare da solo nemmeno un momento, forse anche grazie alla curiosità che destava la mia moto targata Milano unita alla mancanza di compagni di viaggio. L’unico tempo passato in solitudine fu quello in sella alla moto, altrimenti qualcuno attaccava sempre bottone con me: il benzinaio, il tizio fermo a mangiare un panino, il venditore di santini durante l’attesa del traghetto per lo stretto di Messina, ecc.

Al campeggio di Palinuro notai i gruppetti di ragazzi attorno a me che mi scrutavano curiosi mentre montavo la tenda da solo, con la mia moto tutta cromata con la targa milanese ben in vista. In serata furono praticamente loro ad approcciare me.

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Palinuro: l’Arco Naturale vicino alla spiaggia del campeggio

L’arrivo nell’ultimo campeggio, in Sicilia, fu la continuazione di una magnifica vacanza estiva con un sacco di amici, molti dei quali conosciuti lì. C’era anche un gruppo di 4 ragazze siciliane con una grande tenda a casetta e fornite di ogni attrezzo da cucina, oltre che di una damigiana di vino casereccio.
Con una di quelle ragazze ebbi un feeling particolare e una notte dormimmo all’aperto (nelle tende c’erano i nostri amici), con una stuoia sotto e un soffitto di stelle sopra. Ci piacque talmente tanto che ormai son 17 anni che dormiamo insieme tutte le notti. 😀

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Questa è l’unica foto reale di quella estate: serata con impepata di cozze. Il pelato è uno dello staff del campeggio, che abbiamo invitato… e non se l’è fatto ripetere, non tanto per le cozze quanto per i vari alcolici.

 

 

 

 

Anche il viaggio di ritorno fu un’avventura ,anche più particolare del viaggio di andata, ma ero coi miei amici e quindi senza il fascino della situazione solitaria.
Dormimmo in un motel veramente terribile e poi anche in una polverosissima e incasinatissima soffitta di proprietà di una ristoratrice da cui andammo per mangiare un boccone. Un anziano passante che sentì casualmente le nostre chiacchiere ci offrì il box di casa sua per parcheggiare al sicuro le moto cariche.
Questo paesello dagli abitanti così ospitali si chiama Bertonoro (Forlì) e l’ospitalità credo sia dovuta in buona parte anche a un’antica tradizione.
Per approfondire: http://www.emiliaromagnaturismo.it/it/eventi/forli-cesena/turismo-forlivese/copy_of_festa-dellospitalita
E’ un paesello magnifico, sito su una collina e quindi con terrazze panoramiche, ma con un grosso difetto: è al centro della produzione (e consumo) dell’Albana, un vino bianco…eccessivamente buono, ahinoi!
Ma siccome il vino è nemico dell’uomo e chi fugge davanti al nemico è un vigliacco, ci ritornammo spesso per fare una gita motociclistica in giornata. 😀